La scrittura consisteva in un complicato
miscuglio d'elementi ideografici e fonetici espressi, in pratica, con un
geroglifico che poteva indicare sia un concetto sia un suono. La scrittura
è simile a certe scritture del Vecchio Mondo come il sumero, l’egizio,
il giapponese. In realtà i maya avrebbero potuto scrivere tutto
foneticamente e se non lo fecero fu perché gli ideogrammi ebbero
un significato religioso e quindi godettero d'immenso prestigio. I simboli,
o glifi, sono di forma squadrata, rappresentati
su doppia colonna e devono essere letti da sinistra a destra e dall’alto
in basso. Ci sono pervenute centinaia d'iscrizioni che vanno dal III sec.
d.C. alla caduta dei maya. Sono stele, lastre murarie, architravi e altri
monumenti di pietra, il materiale che meglio ha resistito al tempo. I testi
incisi sono estremamente scarni perché riportano nascite, ascese
al trono, matrimoni, vittorie e morti degli appartenenti alla classe dirigente.
Purtroppo i libri d'argomento diverso (forse anche narrativo) sono andati
tutti distrutti, dati alle fiamme dagli spagnoli che li ritennero opera
del demonio in quanto, insieme con argomenti storici, trattavano aspetti
religiosi, d'arte divinatoria e magia. A noi ne sono pervenuti solo quattro
e di periodo molto tardo. Erano formati da una lunga striscia di carta
di corteccia rivestita di gesso e ripiegata a rettangoli ("a fisarmonica")
di circa 20 centimetri d'altezza per 10 di larghezza; spiegati misurano
fino a 7-8 metri. Dovevano essere migliaia e vengono chiamati Codici. Anche
un gran numero di vasi funerari dipinti presenta testi geroglifici, alcuni
anche più lunghi di quelli incisi sui monumenti.
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